L’elemento di maggiore antichità del complesso, che si sia conservato è il chiostro piccolo che presenta pianta quadrata ed ha due ordini: il primo, probabilmente il più antico esistente a Napoli (inizi sec. XIV) presenta colonne e capitelli zoomorfi e antropomorfi di spolio che sostengono archi ogivali; il secondo, seicentesco, è realizzato con pilastri quadrati in piperno, reggenti archi a tutto sesto. Nel XV e XVI secolo il Convento viene ampliato a nord, con la realizzazione del chiostro grande, in stile rinascimentale.All’inizio del XVII secolo le suore domenicane avviano la costruzione in forme barocche della nuova chiesa, che fu cappella del convitto fino al 1941, anno in cui crollò. Tra il 1757 e il 1763, in aderenza alle mura occidentali del convento, viene realizzato l’intervento vanvitelliano del Foro Carolino (l’attuale piazza Dante): esso consiste in una grande esedra conclusa al centro da un’edicola, scandita da ritti di ordine gigante in stile tuscanico che partono da un basamento continuo e sono conclusi in alto da una trabeazione coronata da 26 statue rappresentanti le virtù di Carlo III. L’ingresso centrale ed il retrostante pronao neoclassico vennero eseguiti successivamente, nel 1835, per garantire un accesso autonomo a quello che diventerà l’attuale Convitto Nazionale.
Riguardo il chiostro una curiosità in più: il ''vaso'' al centro di quest'ultimo veniva usato dalle suore per far abortire le donne o più raramente altre suore che erano rimaste incinta ed erano sprofondate nel peccato.


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